Consigli per un Capodanno grunge!

Avrei potuto tediarvi con il bilancio dell’anno passato ed i nuovi propositi per quello nuovo…

Invece mi accingo a prepararmi il look per la serata ed ho pensato che, visto che il mio 2016 è stato all’insegna del grunge, il modo migliore per celebrarlo sarebbe stato con un look a tema!

Ecco quindi come mi vestirò per festeggiare con gli amici!

Innanzitutto per un vero look degno di Seattle non potevano mancare i quadrettoni… Ma ho scelto di mischiare trasandato ed elegante optando per questa gonna in flanella e tulle comprata da Piazza Italia, secondo me perfetta per l’occasione!

2091111001_frontLa indosserò con la vita bella alta, per nascondere i fianchi appesantiti dai panettoni, e sopra metterò un top di pailettes nero, qualcosa di simile a questo di Fornarina, con coprispalle…

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Infine, le scarpe. Su questo sono ancora molto indecisa… Tacco o anfibio? Nel primo caso indosserò questo modello di qualche anno fa di Bata, in vernice nera, magari con calza rossa per fare contrasto…

bata-open-toe-inverno-2013…altrimenti per osare fino in fondo si può scegliere un anfibio, che per me vuole dire Doctor Martens linea Vegan, nel classico stivaletto o nella versione bassa, che ora va molto di moda…

1404500114046001Eccoci pronti! Non manca che la playlist giusta! Beh, per quella vi rimando al mio libro “Dentro i Nirvana. Nichilismo e poesia” edito da Mimesis, dove troverete una vasta playlist commentata dal titolo “50 sfumature di grunge”… Ma ecco qualche anticipazione!

Buon Capodanno!

Mudhoney, In my finest suit (dall’album “My Brother The Cow”, 1995)

Appartenente alla fase calante della storia del gruppo di Seattle che nel 1988 si fece conoscere con Touch Me I’m Sick, questo pezzo ci cala nell’atmosfera grunge post-Nirvana. L’inizio con l’arpeggio di chitarra elettrica in primo piano risulta suggestivo, degna premessa al ritornello energico e “disperato”. Il gruppo virerà verso la psichedelia nel nuovo millennio con l’album “We’ve Become Translucent” (bellissima Baby Can You Dig The Line?)

Bikini Kill, Rebel Girl (dall’album “Pussy Whipped”, 1993)

Inno femminista da parte di uno dei gruppi delle cosiddette “riot grrrls”. L’armonia martellante sullo stesso accordo per tutto il brano fa da base alla voce squillante di Kathleen Hanna (proprio colei a cui si deve il titolo di Smells Like Teen Spirit). Il testo è l’esaltazione della “ragazza ribelle”, in bilico fra adulazione, amicizia e amore saffico. Una specie di dea che trasuda rivoluzione («Quando parla, sento la rivoluzione/Nei suoi fianchi, c’è la rivoluzione/Quando cammina, sta arrivando la rivoluzione/Nei sui baci, assaporo la rivoluzione»).

Alice in Chains, Nutshell (dall’album “Jar Of Flies”, 1993)

La voce di Layne Staley è una di quelle che restano impresse. Peccato solo che l’eroina l’abbia spenta troppo presto, manco a dirlo all’età di 27 anni. Band di stampo metal, che in questo album replica, con successo, l’esperimento semiacustico del precedente Dirt (1992). La canzone, lenta e “rassegnata” esprime bene il senso di solitudine di chi sente di appartenere più ad altri che a se stesso «Se non posso essere il mio, mi sentirei meglio morto». Anche gli Alice in Chains calcarono il palco dell’Mtv Unplugged, aprendo proprio con questo brano.

Pearl Jam, Sometimes (dall’album “No Code”, 1996)

Unico fra i grandi gruppi del grunge ad essere tutt’ora in attività, i Pearl Jam sono certamente una delle migliori creature che Seattle abbia mai partorito. Qui le influenze punk-rock virano verso il rock più classico. L’album in questione fu indubbiamente sottovalutato, ma è un geniale mix di stili. Sometimes, che apre l’album, ha un fascino quasi psichedelico mentre Who You Are richiama alle ballate folk di Neal Young. Un album da ascoltare per intero. Consigliato anche l’ultimo, Lightening Bolt (2013), un bel rock melodico che ormai di grunge ha ben poco, ma sa stupire con ballate romantiche come Sirens  e pezzi dal fascino ipnotico quali Pendulum.

Soundgarden, Big Dumb Sex (dall’album “Louder Than Love”, 1989)

Soprannominati Led Sabbath dal critico americano Art Black per l’evidenza delle influenze musicali, e conosciuti al grande pubblico per la straordinaria Black Hole Sun, i Soundgarden ebbero una carriera piuttosto breve ma significativa. Qui possiamo notare l’influenza metal in un pezzo che parla esplicitamente di sesso. Nell’uso estremo della voce si avverte un richiamo a Robert Plant dei Led Zeppelin in Whole Lotta Love. Sublime.

 Meat Puppets, Sam (dall’album “Forbidden Places”, 1991)

Entrati nell’Olimpo del grunge grazie all’ammirazione di Cobain, i Meat Puppets si configurano come un felice mix di punk, hardcore e country. Il brano in questione colpisce per la strofa recitata molto velocemente, in contrasto con il ritornello dalle atmosfere fra Beatles e Beach Boys. Nello stesso album si consiglia anche la splendida ballata That’s How It Goes, dalle controvoci degne di Simon & Garfunkel.

 

 

 

 

 

 

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